Gli affari sono affari, anche in Vaticano. «BENVENUTI AL SUPERMERCATO VATICANO»


Avarizia, Emiliano Fittipaldi sul giro d'affari dei negozi del Vaticano, dalla farmacia al tabaccaio fino al benzinaio.

Ogni giorno il Vaticano fa soldi a palate grazie a quattro-cinque negozi posizionati dentro le sacre mura. Nel libro “Avarizia” il giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi fa il punto sui guadagni esorbitanti - e sospetti - della pompa di benzina, della farmacia, del tabaccaio e del supermercato vaticani. Di seguito un'anticipazione del libro in uscita il 5 novembre (casa editrice Feltrinelli):

Che i Musei Vaticani siano una specie di zecca divina è cosa nota. Ma nessuno può supporre che il Vaticano possa guadagnare ancora di più con quattro-cinque negozi posizionati dietro le sacre mura. E invece la pompa di benzina, la farmacia, il tabaccaio e il supermercato fanno più incassi di Michelangelo e Raffaello, dei giardini e delle ville pontificie messe insieme. Un miracolo, dal momento che – mentre i capolavori del Rinascimento vengono presi d’assalto da cinque milioni di turisti ogni anno – gli esercizi commerciali sarebbero riservati a pochissime persone: cioè agli esponenti della curia e ai residenti (in tutto circa 800 persone, ma solo 450 di esse godono anche della cittadinanza vaticana), ai 2.800 dipendenti laici e a circa un altro migliaio di persone aventi diritto. Eppure il bilancio pubblicato dal governatorato parla chiaro, e pone più di qualche dubbio (soprattutto fiscale) su questi commerci.

Fittipaldi inizia dalla farmacia vaticana, la più frequentata del pianeta, presa d'assalto ogni giorno da quasi 2000 clienti.

Se in media, secondo studi dell’Associazione nazionale dell’industria farmaceutica, una farmacia italiana serve un bacino di 3500 persone fatturando 700 mila euro l’anno, il punto vendita diretto da frate Rafael Cenizo Ramírez ha incassato nel 2013 ben 32,8 milioni. Da sommare ai 41,6 milioni dell’anno precedente. In questo caso gli exploit si spiegano facilmente. Non solo la farmacia è infatti aperta a tutti e accetta le ricette e le prescrizioni di medici di Stati esteri, ma vende prodotti scontati (anche del 20%) rispetto a quelli che si trovano nelle farmacie romane. Inoltre i preti smerciano pasticche che non si trovano in Italia, da antiemorroidali richiestissimi (come l’Hamolind) a costosi rimedi per malattie più gravi.
Le cifre più sorprendenti, però, riguardano le sigarette, i carburanti e l’annona spacci, ossia il market “tax free” d’Oltevere. Tutte attività commerciali - scrive il giornalista - destinate soltanto ai possessori di una speciale tessera, appannaggio esclusivo (in teoria) di residenti e dipendenti.
Facendo qualche divisione, però, i conti non tornano: il tabaccaio guadagna infatti 10 milioni l’anno; significa che i tremilaseicento aventi diritto fumerebbero tutti come turchi. In media due-tre pacchetti al giorno, 365 giorni l’anno.
I guadagni maggiori – spiega Fittipaldi – arrivano dal carburante. La pompa di benzina incassa 27 milioni: "calcolando un consumo medio, ogni prete percorrerebbe 45 mila chilometri l’anno, quanto un commesso viaggiatore o un rappresentante di aspirapolveri".
“Il carburante rappresenta per il dipartimento la fonte di guadagno e di margini più importanti,” scrivono gli analisti di Ernst&Young. Le pompe di benzina sono due, e “il prezzo per i consumatori è 20 per cento più basso rispetto a quello italiano. Il costo di acquisto per il Vaticano non include la tassazione. Il fornitore attuale è l’Eni”. Il rapporto elenca anche alcuni “temi caldi” del commercio. Se su 27 milioni di euro di benzina venduti nel 2012 (l’utile netto, tolte le spese, è di 13,7 milioni), “il 18 per cento è stato venduto a clienti ‘sconosciuti’, ci sono 550 tessere che hanno superato il limite annuale” di acquisti, pari a 1800 litri. In tutto, hanno fatto la fila alla pompa ben 27 mila persone, molte più di quelle autorizzate. Di fronte a cifre del genere, pur non avendo prove, non si può escludere che nell’equazione entri anche la compravendita di gasolio su mercati paralleli, ovviamente in nero.
Il “tabaccaio di Dio” rappresenta invece la seconda fonte di entrate:
“Il tabacco,” spiegano quelli di Ernst&Young, “è la seconda più importante fonte di utile del dipartimento dei servizi economici. Ogni tessera può acquistare massimo cinque stecche al mese.” Per non rinunciare a un incasso che viaggia oltre i 10 milioni l’anno e per non deludere gli undicimila affezionati clienti, però, il Vaticano preferisce chiudere un occhio sulle regole che esso stesso si è dato: non solo 650 “cards” sorpassano di molto il limite di acquisto consentito, ma migliaia di persone non autorizzate dalla legge riescono a portarsi a casa pacchetti di bionde e sigari cubani a pochi soldi. Anche qui con danni ingenti per l’erario italiano. Soldi a palate arrivano pure al botteghino dell’ufficio filatelico e numismatico.
Nel supermarket vaticano - che vende anche capi firmati e prodotti hi-tech - va a ruba soprattutto il vino.
Il supermercato ha emesso scontrini per oltre 21 milioni: non è un caso che secondo uno studio del California Wine Institute nel 2012 il Vaticano sia il Paese con il più alto consumo di vino al mondo, con una media mostruosa di settantaquattro litri a persona. Gli uomini di Giuseppe Bertello, presidente del governatorato, escludono un boom di alcolizzati. [...] Alcuni documenti in nostro possesso chiariscono il dilemma. La Cosea ha chiesto ad alcune società di revisori di conti di fare una due diligence anche sulle attività commerciali. L’americana Ernst&Young ha lavorato per mesi, e nel dicembre 2013 ha spedito alla Santa Sede un rapporto dettagliato di 79 pagine, in cui segnala tutti i guadagni del triennio 2010-2012, i costi di ogni servizio, quelli di ogni ufficio controllato dal governatorato. Evidenziando criticità e proponendo consigli utili a tagliare le spese e a elaborare strategie per incassare ancora più soldi. Ebbene, secondo le analisi inedite di EY i titolari della tessera di servizio che consente di fare acquisti dietro le mura leonine (la Cosea la definisce “commercial card”) non sono affatto quattro-cinquemila, ma 41 mila. Un numero enorme, pari agli abitanti di una città come Frosinone. Per legge, il permesso viene dato solo ai dipendenti, al personale del corpo diplomatico e alle congregazioni, “ma temiamo siano tanti gli onorevoli e i potenti che approfittano dei negozi senza averne diritto,” spiegano dal Vaticano. Più che una paura, i dati che Ernst&Young ha ottenuto dalla Santa Sede disegnano una certezza: i raccomandati non si contano più. E se i clienti fanno ottimi affari, il Vaticano guadagna somme enormi.

 Fonte: http://www.huffingtonpost.it/2015/11/04/avarizia-emiliano-fittipaldi



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