(Papa Francesco, primo Angelus del 17 marzo 2013)
"In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale - il Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo..."
L'ARTICOLO E' TRATTO DALLA RIVISTA CATTOLICA "CHIESA VIVA" diretta dal sac. dott. don Luigi Villa
Nel maggio del 1989 l’allora card. Ratzinger, poi Benedetto XVI definì Kasper come “un dono prezioso per la Chiesa Cattolica in Germania…”
Nel suo libro: “Gesù il Cristo”, scrive, apertis verbis, che Gesù non è Figlio di Dio. È questo in senso vero e proprio, sia in senso metafisico che ontologico. Secondo Lui, infatti, «questa confessione di Gesù Cristo Figlio di Dio… anche oggi viene accolta con notevole diffidenza da parecchi fedeli (sic!). Secondo l’obiezione più corrente, che è poi anche la più importante, qui ci troveremmo di fronte a un residuo di mentalità mitica passivamente accettata» [Cfr. Walter Kasper, “Gesù il Cristo”, p. 223.]
Nei Vangeli sinottici – secondo Kasper – «Gesù non si qualifica mai come Figlio di Dio. Una simile enunciazione deriva, quindi, chiaramente dalla confessione di fede della Chiesa».
Che cosa ne ha fatto, allora, Kasper della confessione di Pietro, a Cesarea di Filippo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» [Matteo 16,16] , subito sanzionata da Cristo stesso:
«Beato te, Simone Bar Jona, perché non la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli»?..
E la risposta di Gesù: «Sì, lo sono!», davanti all’Alto Consiglio, per Kasper, Gesù lo disse perché “fu costretto a dichiararsi Messia”!
E quando, dopo la Pasqua, la comunità cristiana confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Kasper non Gli riconosce “una dignità che andrebbe ben oltre le sue pretese”.
Affermando, poi, che “nella scuola paolina e negli scritti giovannei, si giunge così ad una confessione esplicita della divinità di Gesù”, Kasper viene ad attribuire la divinità di Gesù ad una invenzione di San Paolo e di San Giovanni.
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E per Kasper non ci sono miracoli nel Vangelo.
Infatti, per Lui, i “miracoli”, sono “leggende”, “racconti non storici”, né costituiscono una prova della divinità di Gesù Cristo; anzi, i miracoli sono “un problema che rende piuttosto strana e difficilmente comprensibile all’uomo moderno l’attività di Gesù”.
Per diminuirne il valore, poi, scrive:
«Dal punto di vista letterario, si può notare una tendenza ad amplificare e moltiplicare i miracoli».
E continua:
«I racconti miracolosi del Nuovo Testamento, sono strutturati in modo analogo a quelli che già conosciamo nell’antichità»; «Si ha, quindi, l’impressione che il Nuovo Testamento abbia arricchito la figura di Gesù di numerosi motivi extra-cristiani, per sottolinearne la grandezza e l’autorità».
E continua a demolirli:
«Alcuni racconti miracolosi si sono dimostrati, all’indagine della storia delle forme (?!) come proiezioni dell’esperienza pasquale sulla vita terrena di Gesù, o come anticipazioni sull’attività del Cristo glorificato. Tra queste storie epifaniche vanno annoverati, ad esempio, il miracolo della tempesta sedata, la scena della trasfigurazione, il cammino sulle acque, la moltiplicazione dei pani per 4-5.000 persone, la pesca miracolosa. I racconti del risveglio della figlia di Giairo, del giovanetto di Naim e di Lazzaro, non mirano ad altro che a presentare Gesù come Signore della vita e sulla morte».
E prosegue:
«Molte storie miracolose riferiteci dai Vangeli devono essere considerate leggendarie. Molte leggende vanno analizzate non tanto nel loro contenuto storico, bensì in quello teologico», e cioè:
«questi racconti non storici sono enunciati di fede su significato salvifico della persona e del messaggio di Gesù» [Cfr. Walter Kasper, “Gesù il Cristo”, p. 118.]
Incredibile! Questo sbruffone della teologia moderna fa di tutto il Vangelo una grande impostura della storia! E, benché ammetta che “Gesù ha compiuto delle opere straordinarie che lasciarono stupefatti i contemporanei”, tuttavia, aggiunge che questo “ha un’importanza piuttosto relativa”, anche perché questi “miracoli” “possono essere interpretati anche come opera del demonio. In se stessi non sono, poi, così chiari, e non contribuiscono necessariamente una prova della divinità di Gesù”.
Anche qui, è chiaro come Kasper è contro la Tradizione e contro il Vaticano I, che sentenziò che «i miracoli di Gesù sono argomenti certissimi della divina Rivelazione e adatti all’intelligenza di tutti» [Cfr. Denz. 1790.] (“Miracula divinae Revelationis signa sunt certissima per omnium intelligentiae accomodata”).
Ma per questo traditore della Fede, intriso di superbia satanica, “il concetto apologetico di miracolo si rivela formula vuota”, perché i miracoli «sarebbero sicuramente accertabili soltanto nel caso in cui noi fossimo in grado di conoscere in modo completo tutte le leggi della natura e di penetrare fino in fondo ogni singolo caso», per cui «queste e altre analoghe difficoltà hanno indotto i teologi (?) a superare, in parte, o del tutto, il concetto apologetico di miracolo».
Ecco un altro sragionare che merita ancora l’altro anatema del Vaticano I:
«Se qualcuno dirà che i miracoli non sono possibili e che, perciò, tutti i racconti miracolosi contenuti anche nella sacra Scrittura devono essere relegati tra le leggende e i miti, o che i miracoli non possono giammai essere conosciuti con certezza, né con essi si può debitamente dimostrare l’origine divina della religione cristiana, sia scomunicato!» [Cfr. Denz. 1813.]
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Inoltre, per Kasper non c’è stata risurrezione corporea di Gesù.
Difatti, scrive:
«Quando si parla di Gesù risorto, il pensiero corre quasi spontaneamente ai dipinti di Matthias Grûnewald, dove osserviamo un Cristo che esce trasfigurato dal sepolcro. Ma basta gettare un rapido sguardo sul dato della Tradizione del Nuovo Testamento per rendersi conto che un simile quadro non rispecchia affatto il reale svolgimento dei fatti» [Cfr. Walter Kasper, “Gesù il Cristo”, p. 175]
E continua:
«Gli enunciati della Tradizione neo-testamentaria della risurrezione di Gesù non sono affatto neutrali: sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede».
E prosegue con sicumera che:
«dobbiamo supporre che non si tratti di cenni storici, ma soltanto di artifici stilistici, escogitati per richiamare l’attenzione e creare suspance».
E continua ancora:
«In ciò su cui si vuole richiamare l’attenzione non è il sepolcro vuoto; si annuncia la resurrezione, e il sepolcro viene considerato soltanto come segno di questa fede»…
comunque,
«La Rivelazione di un nucleo storico , presente nei racconti del sepolcro vuoto, non costituisce, certo, una prova della risurrezione». «Il sepolcro vuoto rappresenta un fenomeno ambiguo, aperto a diverse possibilità di interpretazioni».
Uno sragionare così può valere per deficienti mentali, non perché sa che “obiettivamente” è successo veramente così, ma perché sa che Gesù è veramente Dio. Perciò, questo scucito mentale di Kasper non può non cadere, anche qui, nell’altro anatema del Vaticano I:
«Se qualcuno dirà che la Rivelazione divina non possa essere fatta credibile da esterni segni, e che perciò gli uomini non devono essere mossi alla fede se non da sola interna esperienza, o privata ispirazione, sia scomunicato!» [Cfr.Denz. 1812.]
Ma anche l’Ascensione di Cristo in cielo, per Kasper, non ci fu, come non ci furono le apparizioni.
Per Lui, Cristo non è mai asceso al cielo, perché non ne era mai disceso:
«Queste nubi che sottraggono Gesù allo sguardo dei discepoli attoniti, quindi, non sono un fenomeno meteorologico, ma un simbolo teologico».
Come si vede, la sua cristologia è sempre senza Fede: niente divinità di Cristo, niente resurrezione, niente Ascensione, niente apparizioni.
Di tutto questo, infatti, Egli scrive:
«Questi racconti vanno interpretati alla luce di quanto essi vogliono esprimere», per cui questi testi «dove si parla di un Risorto che viene toccato con le mani e che consuma dei pasti coi discepoli10 non vanno presi alla lettera», ma solo «sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede».
Quindi, Kasper sentenzia:
«Bisognerà dunque partire dal fatto che questo loro “vedere” è stato reso possibile dalla fede, o meglio si è trattato di una esperienza condotta nella “fede”»…
E così, Kasper liquida, d’un sol colpo, tutto il Vangelo delle apparizioni!
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E così crolla anche la “Mariologia”
È la sua logica. Infranta la cristologia, Kasper va all’attacco anche della Mariologia. Infatti, scrive di
«difficili problemi teologici-biblici che la tematica (?) del concepimento verginale solleva», per cui la verginale maternità di Maria è «ancora aperta sul piano biblico».
E spezza una lancia anche in difesa di Nestorio, il negatore della divina maternità di Maria, scrivendo:
«(A Nestorio) vennero attribuite le più gravi deviazioni dottrinali, mentre il Concilio di Efeso lo bollò addirittura con l’appellativo di “Giuda redivivo”. Oggi, però, in seguito alle ricerche condotte dalla teologia storica (?) si è propensi ad una riabilitazione».
Un altro “Giuda redivivo”, però, oggi, per noi, è proprio Lui, Kasper, il “Giuda moderno”, che elimina logicamente anche l’infallibilità della Chiesa.
Come Hans Küng, suo degno collega in eresie, nega infatti l’infallibilità della Chiesa ed entrambi, con la loro “nuova cristologia”, “ripudiano il Magistero e l’autorità della Chiesa”11.
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Chiudo, qui, queste enunciazioni di apostasia della Fede cattolica, pubblicate e insegnate addirittura da un cardinale della Chiesa cattolica.
(don Luigi Villa)
(don Luigi Villa)