8 ago. 2012 - L'ADUC (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) ha recentemente presentato un esposto all’Autorità garante per la concorrenza contro la Conferenza episcopale italiana, per “pubblicità ingannevole”, della campagna martellante per l’Otto per mille.
Sul sito dell'ADUC si legge: «Gli spot dell’8 per mille alla Chiesa Cattolica, che sono stati diffusi sui canali televisivi nei mesi scorsi e che ancora sono massicciamente presenti sul web, non la raccontano giusta. Nei messaggi pubblicitari si parla di aiuti ai più bisognosi, di denaro destinato a opere di beneficenza, insomma dell’utile e pia azione della Chiesa cattolica. Sembra che tutti i proventi dell'8 per mille siano destinati a scopi benefici.
Non è così! E non lo diciamo noi ma lo ammette la Cei nella sua rendicontazione annuale relativa al così detto 8 per mille. Su circa un miliardo e mezzo di euro solamente il 22 % è destinato a “interventi caritativi”. Ed il resto? E’ usato per esigenze di culto, sostentamento del clero, Sacra rota, ecc.
Tutto lecito, per carità. Ma uno spot realizzato per chiedere il sostegno delle persone non dovrebbe dire la verità? Oppure bisogna far credere che i soldi dei contribuenti vadano in beneficenza quando nemmeno un quarto delle devoluzioni prendono quella strada? Il cittadino non è tenuto a sapere a che cosa viene destinata la sua scelta? Le stesse domande le abbiamo rivolte all’Antitrust, con una denuncia per pubblicità ingannevole contro la Cei, affinché valuti la correttezza o meno degli spot sull’8 per mille.»
Video QUANTO CI COSTA LA CHIESA
SI PUO' MENTIRE A FIN DI BENE? Anche se poi quel bene è per lo più il benessere di un numero ristretto di persone? Lo chiedevamo il 2 agosto scorso all’Antitrust denunciando l’ingannevolezza degli spot della chiesa cattolica per l’8xmille.
Secondo i dati forniti dalla Cei, infatti, su circa un miliardo e mezzo di euro di soldi pubblici ricevuti dalla chiesa, solamente il 22 % è destinato a “interventi caritativi”; ciò, nonostante gli spot lascino intendere il contrario. Il resto è usato per esigenze di culto, sostentamento del clero, Sacra rota, ecc.
In breve: i nostri soldi, che pensiamo servano solo per gli sfortunati ed i dimenticati, sono usati anche e soprattutto per sentire il Papa lanciar strali contro gli orientamenti sessuali di ognuno di noi.
Ebbene l’Autorità Garante della concorrenza, pilatescamente (sic!), decide di non decidere. Come c’è stato comunicato lo scorso 19 dicembre, infatti, il procedimento che avevamo chiesto fosse aperto, è stato archiviato perché – a parlare è sempre l’Antitrust – gli spot dell’8xmille non sono considerabili pubblicità commerciale. Insomma, secondo l’Agcm, il consumatore ha diritto a non essere preso in giro da un imprenditore mentre non può far nulla davanti se a raggirarlo è un ente spirituale. Amen!