Molti sacerdoti non solo approfittano della confessione per adescare le loro prede, ma la utilizzano anche come occasione di ricatto verso le loro vittime.
La conferma arrivava dalle testimonianze dei bambini abusati dai sacerdoti cattolici e dalle dichiarazioni stesse dei preti abusanti. Dai racconti delle vittime, quasi sempre drammatici e cruenti, si evidenziava un comun denominatore nel modus operandi del prete abusante.
La nostra attenzione si catalizzò sulla strategia utilizzata da molti sacerdoti pedofili: utilizzavano la confessione per l'approccio delle vittime e il confessionale per le successive minacce. Praticamente durante la confessione il sacerdote esaminava la probabile vittima, e con domande mirate, la introduceva nella sfera sessuale, inducendola a raccontare i suoi segreti più intimi. Una delle domande apripista più usate dai confessori pedofili riguardavano gli atti impuri.
Ed è proprio su questi atti che i pedofili in abito talare concentravano la confessione; con le domande cercavano pretesti di peccato nei bambini, da utilizzare per caricare sui confessanti un tremendo senso di colpa. Queste le domande maliziose, maggiormente utilizzate dai predatori di bambini per carpire informazioni e per verificare il grado di vulnerabilità della possibile preda: Hai commesso atti impuri ? Quali? Ti sei toccato? Dove? Quello che hai fatto è un peccato molto grave, difficile da perdonare, lo sai? Se fai quello che ti dico, chiederò io a Dio di perdonarti, sei d'accordo? Sai mantenere un segreto? [...]
Ed è proprio su questi atti che i pedofili in abito talare concentravano la confessione; con le domande cercavano pretesti di peccato nei bambini, da utilizzare per caricare sui confessanti un tremendo senso di colpa. Queste le domande maliziose, maggiormente utilizzate dai predatori di bambini per carpire informazioni e per verificare il grado di vulnerabilità della possibile preda: Hai commesso atti impuri ? Quali? Ti sei toccato? Dove? Quello che hai fatto è un peccato molto grave, difficile da perdonare, lo sai? Se fai quello che ti dico, chiederò io a Dio di perdonarti, sei d'accordo? Sai mantenere un segreto? [...]
Il primo a denunciare senza mezzi termini le insidie del confessionale fu niente di meno che Antonio Gramsci, il quale nei Quaderni del carcere scrive: «Una delle misure più importanti escogitate dalla Chiesa per rafforzare la sua compagine nei tempi moderni è l’obbligo fatto alle famiglie di far fare la prima comunione ai sette anni. Si capisce l’effetto psicologico che deve fare sui bambini di sette anni l’apparato cerimoniale della prima comunione, sia come avvenimento familiare individuale, sia come avvenimento collettivo: e quale fonte di terrori divenga e quindi di attaccamento alla Chiesa. Si tratta di “compromettere” lo spirito infantile appena incomincia a riflettere» (Quaderno 5, 1930-1932, cfr. Noemi Ghetti, “Gramsci nel cieco carcere degli eretici”).
Tratto da: http://apocalisselaica.net/chiesa-e-pedofilia-la-trappola-del-confessionale/